Una Terapia di Successo

Una Terapia di Successo

Ci sono libri di cui si sente spesso parlare negli anni. Si leggono e si raccolgono le opinioni più disparate su di essi, ma presi dalla mole di cose da fare e da leggere, si lasciano in un angolo delle proprie librerie cartacee o virtuali, in attesa che venga il giorno giusto per prenderli in considerazione al fine di crearsi una propria opinione.E’ il caso del famoso “La terapia” di Fitzek, romanzo dell’ormai lontano 2006, che negli anni è diventato quasi introvabile, e prima opera di questo prolifico scrittore, autore anche dei celeberrimi “Il ladro di anime”, “Il bambino” e “Il sonnambulo”.Con la manzoniana domanda del “Fu vera gloria?”, mi sono buttato a capofitto nelle vicende del dottor Viktor Larenz, celebre e stimato psichiatra di Berlino, la cui vita va in pezzi quando la figlia dodicenne Josy, tormentata da una malattia che elude ogni diagnosi, scompare senza lasciare traccia. Viktor la cerca ovunque, fino a precipitare nella schizofrenia e nell’incoscienza indotta dai farmaci. Dopo molto tempo, un giovane medico intraprende insieme a lui una terapia psicoanalitica, che porta lentamente alla luce i misteri e le ombre del passato.La risposa è un sì condizionato. A che cosa? Innanzitutto, al fatto che si tratta di un thriller piscologico nel senso più classico del termine. Gli amanti di Carrisi, Wulf Dorn, Lars Kepler, possono tranquillamente mettere questo libro tra le manifestazioni più brillanti del genere. Molti mi risponderanno che sono partiti proprio da Fitzek per appassionarsi a questo genere. Chi invece ama una struttura più “materica”, forse potrebbe storcere un po’ il naso, ma non posso, ne voglio spoilerare.Sia chiaro, “La terapia” è scritto davvero molto bene. Ogni capitoletto si porta dietro un nuovo colpo di scena, in un continuo gioco di specchi e di rimandi. Il lettore sente il bisogno fisico di sapere come va a finire, e difficilmente si stacca dalla storia, pur se da un certo punto in poi si percepisce che il finale può essere solo di un certo tipo. Nelle settimane scorse ho recensito “La mia prediletta” di Romy Hausman. A un certo punto ho avuto la precisa percezione che la Hausman abbia tratto ispirazione proprio dal lavoro di Fitzek. La figura del dottor Larenz mi ha ricordato il padre di Lena, in entrambi i romanzi c’è la presenza di una strana bambina, ci sono due personaggi portanti con lo stesso nome, Anna, e infine c’è una scena con i giornalisti fuori dalla proprietà di una coppia di genitori, in attesa di notizie. Suggestioni? Da scrittore di genere non credo proprio. Consiglio “La terapia”? Assolutamente sì. Caposaldo del suo genere e lettura davvero intrigante e piacevole, con un bel colpo di scena finale, anche se non mi ha convinto del tutto.

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