Thilliez, come scrivere il Thriller perfetto

Thilliez, come scrivere il Thriller perfetto

Chi è oggi il migliore scrittore di Thriller in circolazione? Ciascuno di noi può dare la sua risposta, sostenendola con validi argomenti. Tuttavia, c’è un autore che per quantità, qualità e successo dei propri romanzi deve essere tenuto in seria considerazione in questa classifica, e mi riferisco a Franck Thilliez.

In un recente sondaggio tra i lettori del nostro blog FB, Slowthriller di Antani&Mascetti, avevo chiesto quale fosse l’autore preferito per un post di approfondimento, e quasi la metà dei partecipanti ha fatto il suo nome. La cosa non mi meraviglia in quanto dal 2019, anno in cui la Fazi Editore lo ha preso sotto la sua ala nella collana Darkside, il suo successo in Italia è stato in continua crescita, grazie a “Il Manoscritto (2019)”, “Il Sogno (2020)” e “C’era due Volte (2021)”. A scanso di polemiche e precisazioni, anche i suoi lavori precedenti erano notevoli e apprezzati e alcuni sono stati oggetto di trasposizioni cinematografiche, ma è innegabile che questi tre libri lo abbiano portato a essere uno degli autori di genere più amati.

Questo post non si rivolge pertanto ai fan sfegatati, ma a tutti coloro che ancora non lo hanno letto, e si incentra sul romanzo “il Manoscritto”, che, oltre ad aver lanciato la seconda fase italiana del suo grande successo, lo rende un libro ideale per capire le tematiche e il modo di scrivere dell’autore.

Thilliez è un ingegnere informatico e questa forma mentis si nota nella costruzione del piano narrativo, anzi dei piani narrativi. Il Manoscritto è infatti un metaromanzo, pieno di inganni, trabocchetti, giochi di specchi. Non escludo che moltissime persone, a una lettura superficiale, siano rimaste profondamente deluse dal finale.  Tranquilli lettori, non faremo spoiler in questa sede, ma se lo avete letto e non ci avete capito granché contattateci pure. Saremo ben lieti di spiegarvi l’affascinante meccanismo che ci sta dietro.

Dicevo meta romanzo, vediamone la trama. C’è una prima storia di fondo quasi un antefatto, dove il sedicente J.L. Traskman ci dice di aver trovato l’ultimo libro incompiuto del padre Caleb, famoso e apprezzato scrittore di thriller, di averlo letto e di aver compreso il finale grazie ai vari indizi lasciati e di aver scritto le ultime dieci pagine mancanti. Quello che andremo a leggere è quindi il Manoscritto di Caleb Traskman, completato dal figlio.
Viene subito da chiedersi: senza questa prefazione la storia funzionerebbe lo stesso? La risposta è sì, ma la chiave per comprenderla sta nella prefazione, dove nel finale Caleb dice: «Un romanzo è un gioco di illusioni, tutto è vero quanto è falso, e la storia inizia a esistere sono nel momento in cui voi la leggete».

Qual è poi la ver storia narrata nel Manoscritto? O meglio quali sono le storie? perché abbiamo due filoni principali, nel primo Vic, poliziotto dalla memoria prodigiosa, indaga sul cadavere di una ragazza ritrovata nel baule di un’auto, e la sua inchiesta lo porterà a incrociarsi con le vicende di Léane Morgan, la vera protagonista del romanzo, scrittrice di thriller di successo, la cui vita è stata sconvolta dal rapimento della figlia Sarah quattro anni prima da parte di un noto serial killer che afferma di averla uccisa senza aver mai rivelato dove si trovasse il corpo. Il ménage di Léane col marito Jullian ne rimane sconvolto e mentre lei cerca di rifarsi una vita scrivendo un libro a Parigi, il marito rimane nella solitaria villa sul mare dove è avvenuto il rapimento e continua a cercare Sarah, non credendo alla verità raccontata dal killer. Una brutale aggressione ai danni di Jullian costringerà Léane a tornare nel passato… Inutile dire che le due vicende sono collegate e terranno incollato il lettore, pagina dopo pagina con un colpo di scena dietro l’altro.

Una volta terminato il libro, se un lettore è riuscito a mettere insieme tutti i pezzi, scoprirà di aver letto uno dei migliori thriller di sempre (io lo metterei sul podio col mio amato Ninfee Nere di Bussi). In realtà, per un lettore italiano, a mio avviso, è difficile capire tutti i giochi di parole che rimandano spesso alla lingua francese. Io personalmente non ci sono riuscito, e mi sono fatto aiutare dalla rete, scoprendo che quello che pensavo fosse un buon lavoro, scritto bene, dal ritmo incalzante e dalle crude descrizioni, era davvero un piccolo capolavoro.

Altra nota che denota la scaltrezza di Thilliez, sono gli indizi buttati qua e là nel libro che portano a ulteriori interpretazioni sulla metastoria e gli sviluppi dei personaggi (uno su tutti, che Léane scrittrice sia in realtà Caleb Traskman). Io li ho interpretati come un tentativo di strizzare l’occhio al lettore più abile, che risolto l’enigma principale, vuole lanciarsi in ulteriori elucubrazioni. Della serie, l’ingegner Thilliez le ha pensate tutte.

Due parole sullo stile, che si riallaccia alla migliore tradizione francese di genere. Ho trovato molte suggestioni che mi hanno ricordato il modo di scrivere di un autore francese cult, Jean Christope Grangé e il suo arcinoto “I Fiumi di Porpora”.  Come sempre i migliori rubano dai migliori.  

Se non lo avete ancora fatto, correte a leggere il Manoscritto e si vi è piaciuto questo articolo mettere mi piace alla nostra pagina FB: Slowthriller.it di Antani&Mascetti.

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